di Diego Gavagnin
Nell'ultimo commento pubblicato auspicavamo una conferma del programma European Green Deal come strumento per il rilancio dell’economia europea su nuove basi, con una impronta riformista in grado di assecondare la crescente sensibilità ambientale dei cittadini. Le analisi che stiamo leggendo ci dicono che usciremo dall'attuale crisi con un aumento di questa sensibilità, non una diminuzione.
Gli organismi della UE stanno procedendo con tutte le attività preparatorie, ma il segnale vero arriverà quando dai passaggi tecnici si passerà a quelli politici. E’ chiaro che la tentazione di ricominciare subito, in fretta, come prima, sarà molto forte. Soprattutto perché l’European Green Deal richiede investimenti nuovi che andranno a sommarsi a quelli ingenti necessari per la semplice sopravvivenza di buona parte delle imprese. Vedremo anche l’influenza della discesa del prezzo del petrolio, che durerà parecchio.
Dobbiamo aspettare e incrociare le dita.
Nel frattempo la Commissione ha avviato due importantissime procedure per il nostro settore. La consultazione sui combustibili alternativi e la revisione della direttiva DAFI, sullo sviluppo delle infrastrutture necessarie per i nuovi vettori energetici.
Sulla revisione della DAFI sarebbe bene che si aprisse un dibattito pubblico in Italia, sia pure on line, per analizzare i risultati - a nostro avviso molto parziali – dei primi anni di applicazione del recepimento italiano. Su questo torneremo presto.
Quello che invece preoccupa, è la consultazione sullo specifico della qualità “alternativa” di tali combustibili. La Commissione sembra infatti volerli definire e promuovere come se tutti fossero alternativi anche tra loro.
Se è comprensibile la necessità di valutare e confermare positivamente il loro ruolo futuro, da noi condivisa, non si può però ragionare come se fossero già disponibili tutti negli stessi tempi e con prezzi analoghi. Non è così. GNL, biometano e bioGNL sono già ampiamente maturi, non così il “tutto elettrico” e tanto meno l’idrogeno.
Per dire, a fine agosto di quest’anno celebreremo 10 anni dall’inaugurazione della prima stazione di servizio italiana a GNL, Villafalletto, Cuneo. Da lì l’Italia è partita, piano piano, anche qui a causa della “burocrazia”, per poi prendere lo slancio e diventare leader nel trasporto pesante a GNL già dalla fine del 2018 (la stessa “burocrazia” che sta bloccando, solo da noi, lo sviluppo marittimo).
In tutti i settori d’impiego il GNL small scale c’è! E’ maturo, sia dal punto di vista tecnologico che economico. Ed anche dei rischi industriali, diradando molti dei timori iniziali. Nessun incidente grave nei paesi occidentali (la sicurezza in Asia è davvero un altro mondo). Scontri certo, in Italia anche un deceduto, su un’auto che ha colpito un’autobotte, e anche ribaltamento di una cisterna, senza conseguenze.
Mettere tutti i combustibili alternativi sullo stesso piano è un grave errore, perché se gli imprenditori li percepiscono come sostitutivi tra loro il risultato è un potente freno agli investimenti. Il trasporto elettrico “leggero” è vicino alla maturità ma ci vorranno ancora anni perché si possa decisamente imporre, e richiederà ancora ingenti sussidi, perché il prezzo di mercato non è e non sarà a lungo confrontabile con i derivati petroliferi.
Peggio mi sento per l’elettrico nei trasporti pesanti, qui si parla di parecchi anni, non di pochi. E poi a che prezzo? Per i camion abbiamo davanti almeno due o tre cicli di rinnovo.
L’idrogeno non ha solo problemi economici, il doppio o il triplo rispetto al GNL, ma ancora notevoli problemi tecnologici per un uso diffuso, che richiedono tuttora scientifica, iniziata peraltro già negli anni ’80 del secolo scorso. Non ci sfugge che l’idrogeno sia già in uso nei sottomarini militari, ma qui l’esigenza di silenziosità dei motori è perseguita a qualunque prezzo!
Una cosa è sicura, il rilancio dell’Europa con il Green Deal non potrà basarsi solo su sussidi pubblici, servono le forze del mercato, come abbiamo dimostrato qui in Italia, con incentivi al GNL stradale pesante assolutamente residuali e in qualche caso inutili.
La grande forza del GNL sono la sua ampia disponibilità e la maturità economica in tutti gli usi, big e small scale. Ma è anche maturo per passare da fossile a rinnovabile, con la miscelazione di bioGNL e in prospettiva anche di idrogeno. Inoltre stanno aumentando la consapevolezza e gli sforzi gli sforzi dell’intero settore per ridurre le emissioni al minimo tecnologicamente ottenibile.
Veniamo al prezzo del petrolio. Che previsioni fare rispetto al prezzo del GNL? Io sono ottimista. Lo choc di questi giorni è così grave da mettere il dubbio - soprattutto negli investitori finanziari e anche nelle stesse imprese - che puntare ancora sulla preminenza dell’oil sul gas è diventato troppo rischioso. In più quello del petrolio non è un mercato trasparente, condizionato com’è dal cartello OPEC.
Le compagnie dovranno diversificare, certo nelle rinnovabili, come hanno iniziato a fare, ma soprattutto nel gas naturale e nel GNL. Interessante notare l’appello venuto in ambito OPEC per coinvolgere anche il GNL nella politica di tagli della produzione di petrolio, caduti nel vuoto.