di Diego Gavagnin
Negli scorsi giorni, in occasione del primo rifornimento ed entrata in servizio del primo deposito costiero di GNL del Mediterraneo nel Porto di Santa Giusta (vedi notizia), ho sottolineato sui social la rilevanza per i cittadini sardi di questo evento. Ho registrato alcuni commenti che sostanzialmente dicono: troppo tardi per la metanizzazione dell’isola, il futuro è adesso “sole, vento e alberi”. La “Sardegna ha già dato”.
Sono d’accordo sul ritardo, che però ha impedito la realizzazione di enormi gasdotti dall’Algeria e dalla Toscana, mentre adesso - grazie al coraggio di investitori privati - il gas naturale potrà essere usato, da chi lo vuole, grazie alla nuova filiera industriale del GNL di piccola taglia.
Questa è un’opportunità, inconfrontabile con le “cattedrali nel deserto” del secolo scorso, perché, appunto, è di “piccola taglia”. Impianti che si ammortizzano in breve tempo e che quando arrivasse di meglio, si possono anche rivendere etc. a chi fosse più indietro. Certamente non potremo avere solo rinnovabili da subito dappertutto nel mondo.
Soprattutto con il gas naturale non avremo inquinamento di terre e acque, nessuna bonifica quando gli impianti dovessero essere sostituiti o avessero esaurito il proprio compito. Non ci sarà bisogno di ricoprire i siti industriali di pannelli per evitare i costi dei risanamenti.
Veniamo alle rinnovabili. Tutti siamo convinti che il futuro sia quello, possiamo discutere sul quando e in parte sul come, ma la strada è segnata. Poi però, soprattutto in Sardegna, dobbiamo anche preoccuparci della tutela paesaggistica.
Il punto che mi preme però è ancora un altro. L’elettricità del sole e del vento non è direttamente utilizzabile, richiede importanti tecnologie “hard” per poter essere sfruttata. Che si tratti di batterie per dare continuità all’alimentazione elettrica o di grande eolico in mare sempre di sviluppo tecnologico abbiamo bisogno. Perché è anche importante non dover dipendere sempre dall’estero.
Un esempio. Con l’elettricità rinnovabile si pensa di sviluppare la filiera dell’idrogeno, anche nei trasporti, non solo nella produzione e consumo nello stesso sito, come già si fa. Idrogeno verde per alimentare treni, auto, navi, camion etc. Questo richiede anche tecnologie criogeniche, più spinte di quelle in uso per il GNL . In parallelo lo sviluppo del biometano, a impatto climatico neutro, e del gas sintetico, prodotto miscelando l’idrogeno con la CO2, che viene così tolta dall’ambiente.
Per tutto questo il GNL di piccola taglia è la piattaforma tecnologica ideale (oltre che logistica), precorritrice degli usi dell’idrogeno, con cui condivide architettura generale e componentistica. Tenere assieme decarbonizzazione, sviluppo di nuove tecnologie utili anche in futuro, occupazione qualificata, ricerca scientifica è possibile. Servono solo un po’ di visione e di strategia industriale.
Per usare il GNL stanno arrivando in Sardegna decine di serbatoi criogenici, e sempre più ne arriveranno nei prossimi mesi. Anche da posti lontanissimi. Ma con una domanda di serbatoi di questa dimensione, perché non realizzare uno stabilimento che li costruisca nell’isola? Il risparmio nei costi di trasporto probabilmente giustificherebbe l’investimento.
Se ne è parlato nella prima giornata di lavoro promossa dall’Università di Genova lo scorso 27 maggio, ma di queste problematiche si parlerà ancora giovedì 3 giugno con gli operatori del settore che stanno investendo in Sardegna (qui per il programma e poter seguire l’evento).
Per la Sardegna il GNL di piccola taglia è un salto nel futuro, restando con i piedi per terra.