di Diego Gavagnin
Con il nuovo anno iniziano per l’Europa sei mesi fondamentali per le politiche su clima ed energia, dove centrale sarà il ruolo assegnato al gas naturale. Fondamentali perché il processo decisionale annunciato dalla nuova Commissione Europea, che può contare intanto su un diffuso consenso del Parlamento, sarà fondamento, metterà cioè le basi su cui costruire lo sviluppo del Vecchio continente nei prossimi 30 anni.
Ogni settore produttivo ne sarà investito e una politica che traguarda tre decenni appare (appena) sufficiente per restituire certezza di ritorno agli investimenti. A prescindere dalla maggiore o minore sensibilità verso i rischi del cambiamento climatico, sono evidenti i freni che hanno rallentato negli ultimi anni la crescita europea. Adesso c’è un chiaro obiettivo: neutralità climatica al 2050.
Le tecnologie meno impattanti hanno un maggior costo (illusione pensare che l’incentivo pubblico possa bastare, e non sarebbe sano) e un ritorno a più lungo termine; non si può fare se i concorrenti continuano con le tecnologie vecchie. Quindi scelte precise che valgono per tutti: una nuova linea di partenza, protetta dall'annunciata “carbon border tax” che impedirà di “importare” gas climalteranti da altri continenti.
C’è poi il ruolo dell’opinione pubblica, sempre più attenta e preoccupata per il cambiamento climatico. Incertezza nelle scelte produttive, nuova attenzione al comportamento dei consumatori. Clamoroso il caso del crollo delle vendite di automobili in Germania, che ha determinato il rallentamento di quell'economia e di conseguenza della nostra, secondo molti provocato dai dubbi generati dal “dieselgate”.
Dall'altro lato il caso positivo, partito dalla sensibilità di società della grande distribuzione, che hanno chiesto ai distributori dei propri prodotti di utilizzare le tecnologie di trasporto meno impattanti disponibili. Da qui lo sviluppo del GNL nel trasporto pesante. Nata l’esigenza, i costruttori di camion hanno risposto, pur consci del loro maggior costo rispetto a quelli Diesel, che si continuano a produrre e vendere.
Analogo il caso degli armatori, in particolare crocieristi, che hanno scelto il GNL pur avendo a disposizione alternative più economiche anche se molto meno efficienti, come gli scrubber a ciclo aperto, che tolgono lo zolfo dai “fumi” ma lo scaricano in mare. Oppure l’uso del gasolio con tenore di zolfo dello 0,5%, anche se si sa che presto dovrà scendere allo 0,1%, come già in ampie aree del mondo: altra grande incertezza.
A questo punto è necessario essere espliciti: trenta anni per fare a meno delle fonti fossili, dove il tema principale non è il carbone, già “condannato”, ma il petrolio. Con molta decisione forse ci si può riuscire, ma non senza la sua sostituzione in ampi settori con il metano, gassoso o liquido. Già, ma anche il metano è fossile. Può però diventare rinnovabile a costi inferiori e con maggiore efficienza di carbone e petrolio.
Il metano va gestito bene: essendo anch'esso climalterante è indispensabile evitare rilasci e perdite. Va garantita la tenuta di esplorazioni, produzioni, gasdotti e di tutti gli altri passaggi fino al consumatore finale, inclusa la qualità della combustione. Il GNL allunga la catena, aumentando i rischi, però gestito a meno 162 gradi ha molte meno probabilità di fuga, con la doppia camicia di acciaio e l’essere a pressione ambiente.
Metano gassoso e GNL diventano rinnovabili miscelandoli con biometano e bioGNL, con idrogeno prodotto da rinnovabili elettriche e metano sintetico (idrogeno più CO2 sottratta all’ambiente), fino alla completa sostituzione. Nel frattempo aumenterà l’elettrificazione e si ridurrà l’uso dei combustibili. Se l’idrogeno manterrà un ruolo, la logistica del metano è la più simile a quella che sarà necessaria.
L’uso del metano non chiude, apre strade nuove. Impone ricerca scientifica e sviluppo di nuove tecnologie, settori da noi molto trascurati in passato nonostante il ruolo leader dell’Italia in questo settore. Nuove filiere industriali si possono prefigurare, ad esempio nell’ambito del controllo delle emissioni, con telerilevamenti avanzati e nuova sensoristica. Per il GNL nuova enfasi su criogenia e mini liquefazione.
Queste le prospettive, con l’Italia che può a buon diritto essere protagonista del prossimo processo decisionale europeo, a patto però di non attardarsi nella difesa antistorica del sistema petrolifero, di cui ovviamente non scordiamo il successo e l’incremento del benessere. Come si ripete spesso parlando del futuro del petrolio, “l’età della pietra non è finita per la fine delle pietre”: si sono fatte scelte migliori.
Per il GNL in Italia, che nonostante le incertezze di cui sopra prosegue il suo percorso, qualche successo e pesanti rammarichi. ConferenzaGNL ha segnalato per prima la conquista del primato italiano in Europa nel trasporto terrestre pesante e nell’infrastruttura stradale, ma avremmo ben altri numeri se solo si potesse avere il GNL a prezzi simili anche nel sud del Paese.
E’ assurdo che a quasi dieci anni dalla prima stazione criogenica di gas naturale (Villafalletto, Cuneo, settembre 2010) l’Italia, ottava economia mondiale, seconda manifattura d’Europa, leader europea nel metano, non abbia ancora sul proprio suolo un punto di rifornimento di GNL per gli usi di trasporto. Un intero settore con il fiato in gola da giorni per gli scioperi in Francia, da dove ci arriva quasi il 100% del GNL .
Il 21 dicembre la nuova ammiraglia di Costa Crociere, alimentata con GNL, inizierà a navigare da Savona nel Mediterraneo scalando anche Civitavecchia e La Spezia. Un grande successo. Peccato che questa nave non possa fare rifornimento in nessun porto italiano. Motivo? Mancano le regole, su procedure abituali da un decennio nel Nord Europa e con attività simili già svolte anche da noi fin dal 2014.
Costa Smeralda, questo il nome in onore della località sarda, a maggio prossimo scalerà anche Cagliari. Ma proprio dalla Sardegna viene la maggior delusione del 2019. L’isola, che chiede da oltre 60 anni di essere metanizzata, disporrà dal prossimo agosto del primo deposito costiero di GNL non solo d’Italia, ma di tutta Europa se non del mondo, nel porto di Santa Giusta (Oristano).
Per questa leadership grandi investimenti di imprenditori privati italiani e internazionali. Non solo il deposito, ma anche navi cisterna per rifornirlo. Sorpresa: ai sardi il metano non interessa più. Non si spiega altrimenti l’impasse su annose questioni di regole, che tengono fermi gli acquisti. Le navi cisterna che avrebbero garantito volumi sufficienti anche per le reti cittadine sono state dirottate in Malesia e in Brasile.
L’impresa capogruppo, impegnata nel rifornimento delle navi a livello mondiale, garantisce che il GNL arriverà comunque per chi ne farà richiesta (altre navi cisterna di GNL girano per il Mediterraneo e possono fare tappa in Sardegna quando servisse) ma questo incredibile blocco normativo impone ritardi nello sviluppo industriale dell’Isola e aumenta i costi. Manna insperata per i concorrenti che avanzano veloci.
ConferenzaGNL si è molto spesa negli scorsi anni per la “Sardegna hub del GNL nel Mediterraneo”. Siamo delusi tanto quanto i nostri lettori.