di Diego Gavagnin
Nella seconda metà del secolo scorso il gas naturale si è affermato come fonte energetica in virtù del suo minore impatto ambientale/sanitario rispetto a petrolio e carbone. La sua logistica era più complicata rispetto agli altri due, ma a conti fatti ne valeva la pena, considerata soprattutto la pratica eliminazione di ossidi di zolfo e di polveri sottili.
La sua penetrazione ha stentato un po’ all’inizio. Quando si cercava petrolio e si trovava gas si richiudeva tutto e si faceva finta di niente. Si sono tenute le mappe, e questo ha facilitato il ritrovamento, quando si è iniziato a cercarlo convintamente.
Nell’uso del gas naturale l’Italia è stata pioniera, perché quando lo si è rinvenuto in Val Padana si è avuta l’intuizione di sfruttarlo per lo sviluppo industriale del Nord del Paese. In seguito l’uso per i consumi civili e poi per la produzione di elettricità.
Italia leader a livello mondiale, non solo per le quantità, ma soprattutto per lo sviluppo tecnologico. Grandi successi i primi gasdotti lunghi migliaia di chilometri e quelli sottomarini. Fantastico traino per l’intera industria pesante e la manifattura nazionale. Altrettanto d’avanguardia la gestione in sicurezza. Anni, decenni, tutto sommato tranquilli.
L’attenzione principale era sull’inquinamento atmosferico. Adesso l’interesse è tutto sul cambiamento climatico, e - un po’ all’improvviso - ci si è accorti che le molecole del metano, principale componente del gas naturale, sono climalteranti. E’ quindi necessario evitare le sue dispersioni in aria in tutte le fasi della filiera, dall’esplorazione alla produzione, dal trasporto all’uso finale.
Ha lanciato l’allarme per primo il Presidente Obama, quando è “esplosa” la produzione nazionale di gas naturale negli USA. Il Presidente è intervenuto con apposite regolamentazioni di controllo e rimedio. Regole parecchio ammorbidite dal successore Trump, mentre l’attuale presidente Biden sta ripristinando le precedenti prescrizioni.
L’allarme si è diffuso ed è cresciuto nella sensibilità di governi e istituzioni sovranazionali, come l’ONU attraverso l’UNEP (Environmental Program of United Nations) e l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Adesso è all’attenzione anche della Commissione e del Parlamento europeo che stanno lavorando ad appositi provvedimenti, attesi entro quest’anno.
Al di là delle dichiarazioni di principio e delle, spesso velleitarie, proposte per la completa sostituzione del gas naturale oltre a carbone e petrolio in pochi anni, gli analisti e i decisori politici razionali sanno perfettamente che il gas naturale è un elemento essenziale della transizione energetica, proprio in virtù della sua capacità di sostituire - volendo da subito - proprio in carbone e il petrolio in tutti i loro usi.
Evitare le emissioni di metano, siano fughe o rilasci autorizzati, è quindi adesso la priorità dell’intero settore del gas naturale. In passato questo aspetto è stato gestito solo dal punto di vista della sicurezza del sistema. Ad esempio, nel caso di sovra pressioni del gas, pericolose per i contenitori, siano gasdotti o serbatoi, sono stati autorizzati rilasci controllati. Non si può più fare.
La questione riguarda anche il GNL, e forse soprattutto il GNL nei suoi usi diretti nei trasporti e altri impieghi industriali e civili, considerato il grande sviluppo che sta avendo a livello mondiale. Ogni perdita di gas naturale liquido, che è metano al 99%, ne vale 600. E’ vero che i rischi di fughe sono minori, perché si conserva a pressione ambientale a meno 161 gradi, ma il liquido che si scalda torna gas e si dilata (boil off gas).
Dei rischi e delle tecnologie per evitare le emissioni di CH4 nella filiera industriale del GNL si è occupata per prima in Italia, per quanto ci è noto, ConferenzaGNL nell’aprile del 2018. Fu detto che ci “davamo la zappa sui piedi”, ma andammo avanti comunque, e da allora in ogni nostro evento ce ne siamo occupati.
Il problema c’era e non andava messo sotto il tappeto, anche perché già si sapeva che c’erano le soluzioni. Ed è proprio questo l’aspetto più interessante del momento. La ricerca per lo sviluppo delle tecnologie si è messa in moto e sta dando grandi risultati. Non si pubblica molto, perché tutti sono gelosi delle proprie idee e progressi, dagli ovvi risvolti commerciali, ma sta succedendo, prima dell’arrivo delle regole.
Non c’è azienda motoristica marittima o terrestre che non stia lavorando sulla combustione per far sì che il gas sia bruciato fino all’ultima molecola, così come sempre nuovi progressi si stanno avendo sui processi di re-liquefazione del boil off , di cui si avvantaggia anche la nuova filiera del bioGNL.
Pure gli stoccaggi di GNL di maggiori dimensioni si stanno adeguando, chi con la re-liquefazione chi convogliando il boil off nei normali gasdotti. Si adeguano anche le “pistole” di erogazione, come la nostra newsletter ha documentato.
Certamente la via maestra per gli usi diretti del GNL è la sua sostituzione con il bioGNL, per definizione non climalterante, ma si può fare di più. Le molecole bio sono le stesse del fossile, meno se ne perdono è meglio è, evolvendo da impatto neutro a impatto negativo. E poi non si sa ancora se l’offerta di bioGNL potrà coprire l’intera domanda.
Il principio base della neutralità tecnologica tra i vari combustibili presenti e futuri è l’analisi dell’intero ciclo di vita del prodotto. Il GNL nei trasporti ha già le carte in regola, ma sempre più dovrà averle in futuro, per la definitiva affermazione.