Nei prossimi anni è atteso un forte sviluppo delle infrastrutture necessarie al sistema di rifornimento e distribuzione del GNL per gli usi nei trasporti marittimi e terrestri, nelle industrie e nelle reti isolate. In un Paese come il nostro, caratterizzato da decenni di forti opposizioni sia politiche nazionali sia popolari locali a qualsiasi nuova infrastruttura energetica, qualche preoccupazione si è posta anche agli operatori del GNL di “piccola taglia”.
Tanto più che, per ragioni di sicurezza, i serbatoi di GNL sono all’aperto, molto più visibili di quelli dei prodotti che vanno a sostituire, come i derivati petroliferi “nascosti sotto terra” ad esempio nelle stazioni di servizio stradali. In quest’ambito finora non si sono registrate contestazioni, e la trentina di stazioni dotate di serbatoio criogenico hanno una diffusione e un numero di anni di funzionamento tali da far pensare che non si avranno problemi di accettabilità sociale neanche in futuro.
Per la filiera, il prossimo passaggio importante sarà la realizzazione dei depositi costieri, significativamente più grandi delle stazioni di servizio ma comunque non confrontabili con i rigassificatori ai quali - commettendo un grave errore di comunicazione – spesso vengono accostati. La differenza non è solo la dimensione, migliaia rispetto a milioni di metri cubi, ma anche la tecnologia, vaporizzazione ambientale rispetto alla rigassificazione con impiego di energia.
I depositi costieri, ed almeno uno dovrà essere presente al 2025 nei principali porti, hanno una dimensione finale tra i 10 e i 20 mila metri cubi, e potranno essere modulabili, cioè costituiti da una decina di serbatoi tra i mille e i duemila metri cubi di capacità. Questi serbatoi potranno essere installati quando necessario, riducendo ulteriormente l’impatto degli impianti sul territorio, con una crescita che potrà essere graduale, socialmente più accettabile.
Anche sull’utilizzo diffuso in Italia dei depositi costieri, che peraltro vanno a sostituire altrettante infrastrutture e depositi di prodotti ben più infiammabili, in passato erano stati sollevati dei dubbi da chi avrebbe preferito un più veloce passaggio in tutti gli impieghi all’elettricità fornita dalle fonti rinnovabili. Nella “transizione energetica” che stiamo vivendo, il GNL di piccola taglia si sta invece affermando come una soluzione che non contrasta con l’obiettivo finale ma abbatte nel frattempo le peggiori emissioni inquinanti e, anche se non completamente, quelle climalteranti.
Su questi aspetti di consenso politico e sociale il recente convegno di Cagliari, dedicato alla metanizzazione della Sardegna con i depositi costieri di GNL, sembra aver segnato il “punto di non ritorno”, registrando il consenso unanime di tutte le forze politiche, sia quelle che nelle recenti elezioni politiche generali hanno preso più voti (e che erano opposizione nel Paese) sia quelle che ne hanno presi di meno (ed erano maggioranza, anche in Sardegna).
Restano diversità di opinioni su “quanto” GNL e quindi sulla grandezza delle infrastrutture, ma non sono state messe in discussione le dimensioni dei progetti pensati - e alcuni già autorizzati - per l’Isola, analoghi agli altri progettati per il resto del Paese (Cagliari 20 mila, come Marghera, Ravenna, Napoli, e i tre di Oristano, tutti di circa 10.000, come Livorno).
Certamente resteranno e/o sorgeranno contestazioni su aspetti localizzativi puntuali, ma l’opzione del GNL di piccola taglia, per quanto già prevista dal Governo ora dimissionario, può adesso a tutti gli effetti qualificarsi come “scelta nazionale”.